Architetto italiano (Roma 1762 - ivi 1839). Figlio di Luigi (v.),
era ancora giovanissimo quando, nominato architetto dei Sacri
Palazzi (1781), dovette attendere a importanti opere di restauro
(sistemazione del Duomo di Spoleto)
e di ricostruzione (duomo di Urbino),
che rappresentarono per lui una fondamentale esperienza, contribuendo
a formare in lui quella sensibilità per i problemi architettonici
e urbanistici che fanno di lui il primo architetto in senso moderno
che abbia avuto l'Italia. Massimo documento di questa sua capacità
di affrontare in modo organico i problemi che già ai suoi
tempi erano posti dallo sviluppo edilizio di una città,
fu la sistemazione di Piazza del Popolo
a Roma (iter 7), per la quale predilesse due progetti (1793;
1810) entrambi non realizzati, fin quando il ritorno a Roma di
Pio VII (1814) non gli consentì di porre mano all'impresa
(1816) e di condurla a termine. Convinto della necessità
di valorizzare le zone di verde nell'abitato e portato dalla sua
sensibilità di urbanista a progettare grandi arterie di
raccordo, V. seppe adottare con molta accortezza lo schema ellisoidale
proposto per la piazza dall'architetto parigino Berthaut, soddisfacendo
contemporaneamente l'esigenza, da lui profondamente avvertita,
di collegare le chiese del Rainaldi e di C. Fontana con l'accesso
monumentale da lui progettato per il Pincio. Mentre conduceva
a termine Piazza del Popolo, il V. dava mano ad un'opera vastissima
di architetto (a Roma: Palazzo della Calcografia,
chiesa di S. Pantaleo, teatro Valle, casina Valadier al Pincio,
case Lezzani a piazza Barberini e al Corso, ecc.) attenendosi
a schemi neoclassici mitigati da elementi francesi o veneti, e
svolgeva un'importantissima attività di restauratore di
monumenti antichi (Ponte Milvio, 1805;
Arco di Tito, 1819), che fa di lui l'iniziatore del restauro
(v.) quale oggi è inteso. Amplissima fu anche la sua operosità
di trattaista e di scrittore, culminante nella pubblicazione dei
cinque volumi del Manuale di architettura pratica (1828-39). Il
figlio Luigi Maria (n. 1791) fu collaboratore del padre e ne disegnò
l'ultima delle opere grafiche.