Soprannome attribuito al pittore italiano BERNARDINO
DI BETTO (Perugia 1454 - Siena 1513). Scarse sono le notizie
che si riferiscono alla sua attività giovanile ed all sua
formazione, anche se tutto lascia supporre che questa fosse avvenuta
mediante contatti indiretti con Benozzo Gozzoli e sulla conoscenza
della produzione dei pittori umbri del tempo, specie di Fiorenzo
di Lorenzo e di B. Caporali. Le prime opere che possono essergli
assegnate (alcune delle tavolette con Storie
di S. Bernardino, in parte eseguite anche dal Perugino,
Perugia; il Crocifisso con i Ss. Cristoforo
e Girolamo, Roma) rivelano un gusto per la narrazione vivace
e immediata che può far pensare al Gozzoli, e sono eseguite
con uno stile minuto e preciso che il P. potrebbe aver derivato
dal Caporali, che era un miniatore. Notizie certe, e d'ora in
poi assai abbondanti, si hanno sul suo conto a partire dal 1481
quando, ormai iscritto all'Arte dei Pittori, collaborava con il
Perugino alla esecuzione degli affreschi della Cappella
Sistina in Roma (iter 9). Evidenti tracce di questa sua
collaborazione si hanno sia nella Circoncisione dei figli di Mosè
sia nel Battesimo di Cristo, due affreschi che, pur essendo stati
probabilmente disegnati dal Perugino, rivelano la mano del P.
in alcuni gruppi di ritratti arguti e vivaci. Da quel momento
Roma divenne per circa 15 anni il centro principale della sua
attività: tra il 1486 e il 1489 eseguì gli affreschi
con Storie di S. Bernardino nella cappella
Bufalini della chiesa dell'Aracoeli (iter 1); nel 1487
era impegnato a decorare la Sala del Belvedere in Vaticano, ma
questa decorazione è andata in gran parte perduta; nel
1490 lavorava in S. Maria del Popolo, alla
Natività (iter 7); dal 1492 al 1495 fu impegnato
ad affrescare, con larga collaborazione di aiuti, le Sale dell'appartamento
Borgia in Vaticano. Gli affreschi dell'Aracoeli
sono la sua opera migliore; condotte con la piacevole vena narrativa
tipica della tradizione umbra al di fuori del Perugino, le Storie
di S. Bernardino si fanno notare per la festosa schiettezza del
racconto e per la facile libertà degli effetti decorativi.
Più diseguale appare, forse anche per l'intervento degli
aiuti, la decorazione dell'appartamento Borgia; anche se nelle
scene più felici (ad esempio nella Disputa di S. Caterina),
la sontuosità del colore (corrispondente al gusto spagnolesco
del committente), la grandiosità della inquadratura e la
limpida verità umana di alcuni ritratti (di Lucrezia
Borgia, di Cesare Borgia e di altri) rivelano sicura esperienza
di decoratore, manca negli affreschi vaticani la omogeneità
di risultati di quelli dell'Aracoeli. Nel 1495 il pittore tornò
in Umbria, e a Perugia dipinse la pala di S.
Maria de' Fossi (Perugia), nella quale il tono narrativo
peculiare all'artista infonde un tono di religiosità semplice
e sincera al gruppo centrale della Madonna con il Bambino; altre
Madonne, ora sparse in vari musei, egli venne eseguendo in quegli
anni, che lo videro impegnato anche a decorare la Cappella
Baglioni in S. Maria Maggiore (1500-1501) a Spello. Ma
ormai la sua fervida e facile immaginazione lo portava a ripetere
in formule stanche le vivide storie della sua giovinezza. Anche
l'ultima opera (Storie di Pio II, nella
Libreria Piccolomini del duomo di Siena), pur non essendo
priva di particolari gustosi ed efficaci, scade spesso in un descrittivismo
monotono, non tutto attribuibile alla mano degli aiuti di cui
il maestro si era servito in gran numero.