Categoria: Artisti
Nome: Cavallini Pietro (Pietro dei Cerroni)
 
Ritorna: Eenco Artisti che hanno lavorato a Roma

Di lui si hanno scarse notizie; tra il 1270 e il 1280, a Roma, lavorava agli affreschi, ora perduti, con storie dell'Antico e del Nuovo Testamento nella basilica di S. Paolo ; nel 1291 , già in piena maturità d'arte, eseguiva i mosaici inferiori nell'abside di S. Maria in Trastevere a Roma ; nel 1293 circa affrescava l'interno di S. Cecilia in Trastevere (iter 5) ; nel 1308 si trovava a Napoli, alla corte di Carlo d'Angiò ad attendere alla decorazione di S. Maria Donna Regina; secondo notizie date da Ghiberti, durante il pontificato di Giovanni XXII (1316-34) avrebbe compiuto i mosaici, anche essi distrutti, sulla facciata di S. Paolo a Roma (iter 2) . Insieme con Cimabue e con Duccio, C. è uno dei rinnovatori della pittura italiana sulla fine del Duecento e a lui certamente guardò Giotto per attingerne quella ricerca della fusione del colore che ha in lui tanta efficacia espressiva. La più antica delle sue opere finora note, e cioè le storie della Madonna nei mosaici in S. Maria in Trastevere (iter 5) , rivela nell'arte del C. perduranti influssi bizantini, ma già nell'insieme della composizione si notano un'aulica nobiltà e la tendenza a subordinare ogni altra esigenza a un vivo senso del colore, che ora si arricchisce di luce, ora si offusca di ombre. Opere di piena maturità sono invece gli affreschi di S. Cecilia, dei quali restano purtroppo solo un largo frammento del Giudizio Universale e, di mano di collaboratori, avanzi di storie dei due Testamenti. In questi affreschi l'arte del C. si arricchisce di un nuovo senso di dignità e di compostezza classica: i corpi nobilmente paludati dei suoi severi personaggi sono resi con ricchezza di chiaroscuri e originalissima fusione del colore che modella le masse plastiche con sfumature degradanti e delicate; anche per lo sforzo di approfondire la psicologia dei personaggi e per l'ansia di ritrarre l'uomo nella sua integrità fisica e spirituale, il C. mostra di aver superato tutte le formule della tradizione bizantina e preannunzia la profonda umanità dell'arte di Giotto. Non è facile accertare quanto degli affreschi di S. Maria Donna Regina appartenga al C. e quanto invece sia opera dei suoi collaboratori; ugualmente è discussa l'attribuzione al maestro dell' albero di Jesse nel Duomo di Napoli (1308 circa), della Madonna in trono con S. Matteo, S. Francesco e il card. D'Acquasparte (1302 circa) in S. Maria d'Ara Coeli a Roma (iter 1), mentre anche più dubbia è la sua partecipazione agli affreschi nella chiesa superiore di S. Francesco ad Assisi, ad esempio alle storie di Isacco , nelle quali ormai si propende a vedere la mano di Giotto.

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