Canova si stabilisce a Roma nel 1781; nel 1802 Pio VII lo nomina ispettore generale delle Antichità e belle arti dello Stato della Chiesa, con grandi poteri che l'artista eserciterà per arricchire il patrimonio romano. Nel 1815 riesce a riportare a Roma molte opere sottratte dai francesi. Il suo studio si trovava in un isolato tra via delle Colonnette e Ripetta: via di San Giacomo (oggi via Canova, vicino a piazza del Popolo - iter7).
| TITOLO |
ANNI |
LUOGO |
ITER |
| Erma di Passamonti gesso |
1780-1781 |
Tavolini |
- |
| Monumento funerario di Clemente XIV marmo |
1783-1787 |
Basilica dei Santi Apostoli |
- |
| Monumento funerario di Clemente XIII -marmo |
1783-1792 |
Basilica San Pietro |
9 |
| Testa di Clemente XIII gesso |
1784-1786 |
Accademia di San Luca |
- |
| La famiglia Vitali olio |
1790-1798 |
Museo di Roma |
- |
| Perseo trionfante marmo |
1797-1801 |
Musei Vaticani |
9 |
| Creugante marmo |
1795-1801 |
Musei Vaticani |
9 |
| Damosseno marmo |
1795-1806 |
Musei Vaticani |
9 |
| Ercole e Lica |
1795-1815 |
Galleria Nazionale d'Arte moderna |
7 |
| Autoritratto olio |
1798-1899 |
Museo di Roma |
- |
| Teseo lotta con il Minotauro terracotta |
1800 circa |
Tavolini |
- |
| Venere vincitrice - Paolina Bonaparte - marmo |
1801-1808 |
Galleria Borghese |
7 |
| Ritratto di Paolina Bonaparte marmo |
1809 |
Galleria Borghese |
7 |
| Ritratto in gesso di Napoleone |
1802 |
Accademia di San Luca |
- |
| Ritratto di Pio VIII marmo |
1806-1807 |
Protomoteca Capitolina |
1 |
| Stele funeraria di Giovanni Volpato - marmo |
1804-1807 |
Basilica Santi Apostoli |
- |
| Stele funeraria conte A.De Souza Holstein marmo |
1805-1808 |
Chiesa S.Antonio dei portoghesi |
- |
| Monumento funerario di Vittorio Alfieri gesso |
1804-1805 |
Galleria Nazionale d'Arte moderna |
7 |
| Leopoldina Esterhàzy Liechtesterin terracotta |
1806-1807 |
Museo di Roma |
- |
| Ritratto di Domenico Cimarosa marmo |
1808 circa |
Protomoteca Capitolina |
1 |
| Danzatrice con dito al mento marmo |
1809-1814 |
Galleria Naz.d'arte antica |
- |
| Autoritratto gesso |
1811-1812 |
Museo di Roma |
- |
| La Religione Cattolica gesso |
1813-1814 |
Pontificio Seminario Romano Maggiore |
- |
| La Religione Cattolica gesso |
1814-1815 |
Accademia di San Luca |
- |
| Busto d'ignoto |
> 1814 |
Tadolini |
- |
| Cenotafio degli Stuart marmo |
1817-1819 |
Basilica di San Pietro |
9 |
| Gorge Washington marmo |
1817 |
Museo di Roma |
- |
| Pio VI orante marmo |
1817-1822 |
Basilica di San Pietro |
9 |
| Pio VI orante gesso |
1817 |
Pontificio Seminario Romano Maggiore |
- |
| Ritratto di Pio VII marmo |
1820-1822 |
Musei Vaticani (Chiaramonti) |
9 |
| Compianto di Cristo . gesso |
1820 circa |
Pontificio Seminario Romano Maggiore |
- |
| Busto di Maria Vergine marmo |
1821 |
Marchese Patrizi |
- |
| - |
- |
- |
- |
| SCUOLA DI CONOVA |
- |
- |
- |
| Erma di benedetto Marcello - marmo |
1725-1825 |
Protomoteca Capitolina |
1 |
| Ritratto di Pio VI |
- |
Villa Braschi |
Tivoli |
Dal nonno, capomastro e scalpellino, imparò i primi elementi
del mestiere, ma i suoi veri maestri furono G. Bernardi-Torretti
e G. Ferrari a Venezia, dove poté studiare per l'interessamento
del senatore Falier che ne aveva intuito le doti. Le opere del
periodo veneziano (Orfeo ed Euridice, 1773; Apollo; ritratti in
creta del doge Paolo Renier e di don Gian Matteo Amadei; Dedalo
e Icaro) risentono ancora del gusto settecentesco, ma già
nell'ultima di esse qualche accento veristico percepibile nell'esattezza
anatomica della figura di Dedalo serve a conferire una maggiore
determinatezza plastica alle forme e sottolinea il raffinato pittoricismo,
quasi ellenistico, dell'immagine di Icaro. Recatosi a Roma con
l'architetto G. A. Selva nel 1779, si stabilì definitivamente
in quella città nel 1781; qui venne a contatto con la precettistica
classica propugnata dal Winckelmann e zelantemente osservata dai
suoi ammiratori. È naturale perciò che sin dalle
sue prime opere romane (Teseo, 1781; mon. a Clemente XIV nella
chiesa dei SS. Apostoli) si avvertano i primi segni degli ideali
neoclassici, ben visibili ad esempio nella rinuncia all'impiego
di marmi policromi per la tomba del papa, pur memore nello schema
compositivo delle fastose tombe berniniane. Fu questo il primo
di una numerosa serie di monumenti funerari eretti dal C.: da
quello a Clemente XIII (1791) in S. Pietro in Vaticano, vegliato
da una enfatica statua della religione ma psicologicamente acutissimo
nella resa del vecchio pontefice orante, alle più tarde
tombe a Maria Cristina d'Austria (1798-1804) a Vienna e a Vittorio
Alfieri (1810) a Firenze, entrambe costruite secondo lo schema
dei mausolei a piramide, fino al sepolcro
Stuart (1819) in S. Pietro a Roma, impeccabile nell'armonia delle
linee e reso indimenticabile dalle immagini dei due stupendi Angeli
con le faci rovesciate, di una soave e pur carnale dolcezza.
Ma ancor più che nei temi sacri, troppo spesso interpretati
con programmatica rigorosità formale più che con
vigile emozione d'artista, il genio di C. si espresse nella serie
di sculture di soggetto mitologico che egli venne componendo dagli
ultimi anni del Settecento: nascono così i gruppi di Amore
e Psiche del Louvre (1793), ingegnoso intreccio di forme giovanili
modellate con preziosa levigatezza, la elegantissima Ebbe nella
duplice versione di Berlino e di Forlì (1800 circa), così
scevra da ogni erudizione pur nel consapevole richiamo ai modelli
classici; il monumentale Ercole e Lica (1815) esemplato su schemi
ellenistici e non privo di bravura nella studiatissima ricerca
di un equilibrio compositivo tra le due figure. Nel 1798 si era
allontanato da Roma per sottrarsi alla rivoluzione di quell'anno;
vi tornò nel 1799, ma poco dopo, ormai assurto a fama europea,
cominciò a lavorare per Napoleone, che lo chiamò
a Parigi nel 1802 e nel 1810. Di questi anni, oltre alle opere
già citate, sono fra l'altro il
ritratto di Paolina Borghese (1808, Roma, Galleria Borghese),
raffigurata sotto l'aspetto di Venere vincitrice,
il busto (Possagno) e la statua nuda (1809; Milano, Brera) di
Napoleone, il busto di Maria Luisa, la bella Venere Italica della
Galleria Pitti, il Perseo e i due
Pugilatori dei Musei Vaticani, ecc. La statua
di Napoleone a Brera è forse il più noto tra gli
innumerevoli ritratti eroicizzanti compiuti da C. nella sua fortunata
carriera; se esso ci lascia ormai freddi per quel suo evidente
rifarsi alla tradizione dei ritratti ellenistici, l'armoniosa
immagine di Paolina e la Venere di Pitti ci suggeriscono una sottile
ammirazione per il felice raggiungimento di un puro ideale di
bellezza che ha trovato nell'artista una rispondenza immediata
e sincera. Nel 1815 C. tornò a Parigi per rivendicare la
restituzione dei tesori d'arte asportati dai francesi; di là
si recò a Londra, dove ebbe modo di conoscere l'arte di
Fidia ammirando i fregi del Partenone che proprio in quegli anni
lord Elgin aveva trasportato da Atene in Inghilterra. Si iniziò
così l'ultima fase dell'attività di C., alla quale
appartengono le Tre Grazie di Leningrado, il
monumento a Pio VI nella Confessione Vaticana,
l'Endimione dormiente di Possagno, il
busto di Pio VII, ecc. L'arte del Canova ha esercitato
un'enorme influenza sulla scultura del primo Ottocento, e certo
è possibile riconoscere in lui l'unico vero grande scultore
del neoclassicismo europeo; pure, i risultati che egli conseguì
non sono sempre costanti: quando egli riuscì a liberarsi
dalle troppe regole per dar sfogo alla sua inesauribile ricchezza
creativa, allora C. produsse opere ricche di una trepida poesia
che rimangono tuttora vive per la compostezza dei gesti, l'eleganza
armoniosa delle forme e la sensibilità del modellato. Ma
quando le teorie del neoclassicismo e le esigenze celebrative
e ufficiali ne soffocarono la più schietta vena evocativa,
allora la scultura di C. ci appare a ragione fredda e accademica.
Forse per questo l'attenzione dei critici è stata attratta
dai bozzetti in creta e in terracotta che in gran numero si conservano
nella Gipsoteca di Possagno; e, in realtà, si tratta di
creazioni freschissime, libere da ogni convenzione stilistica;
non bisogna però dimenticare che per il maestro quei bozzetti
erano solo sommari spunti destinati poi ad essere realizzati in
immagini fiorenti di impassibile e ideale bellezza; voler attribuire
loro un valore diverso non sembra né opportuno né
legittimo. Nulla aggiungono all'arte di C. i rari dipinti, tra
cui l'Autoritratto (Firenze).