| TITOLO |
ANNI |
LUOGO |
ITER |
| Attività nella Fabbrica di S. Pietro: con Maderno e, dal 1629, con Bernini, specialmente alla realizzazione tecnica del baldacchino |
1624-1629 |
San Pietro in Vaticano |
9 |
| Palazzo Barberini (collaborazione tecnica con Bernini) |
1629 |
Via delle Quattro Fontane |
3 |
| Galleria prospettica a colonne e scala a spirale di Palazzo Spada |
1632-1636 |
Via Capodiferro |
5 |
| Palazzo dei Filippini (Torre dell'Orologio, Convento, Biblioteca, Oratorio…) |
1637-1647 |
Piazza dell'Orologio (via della Chiesa Nuova) |
5 |
| Avvio ricostruzione del convento dei Trinitari e chiesa di S. Carlo Borromeo alle Quattro Fontane |
1634-1639 |
Via XX settembre |
3 |
| Monumento Mellini, a Santa Maria Maggiore |
1642 |
S. Maria Maggiore |
3 |
| Chiesa di S. Ivo alla Sapienza |
1642-1660 |
Corso del Rinascimento |
6 |
| Chiesa e convento di Santa Maria dei Sette Dolori |
1643-1649 |
Via Garibaldi, 27 (Gianicolo) |
5 |
| Palazzo Carpegna |
1643-1649 |
Piazza Accademia di San Luca, 77 (vicino a via del Tritone) |
3 |
| Atrio e scalinata a palazzo di Spagna |
1645-1648 |
Piazza di Spagna |
7 |
| Consulenze in palazzo Pamphili |
1645-1650 |
Piazza Navona |
6 |
| Ampliamento di Palazzo Falconieri |
1646-1649 |
Via Giulia |
- |
| Restauro di S. Giovanni in Laterano |
1647-1649 |
Piazza S. Giovanni |
4 |
| Collegio di Propaganda Fide |
1652-1666 |
Piazza di Spagna |
7 |
| Direzione lavori chiesa di S. Agnese in Piazza Navona, iniziati da G. e C. Rainaldi |
1653-1657 |
Piazza Navona |
6 |
| Abside e campanile S. Andrea delle Fratte |
1653-1667 |
Via S. Andrea delle Fratte, 1 (vicino a Via del Tritone) |
3 |
| Pavimento e monumenti funerari di San Giovanni in Laterano |
1656-1657 |
Piazza S. Giovanni |
4 |
| Restauro esterno del Battistero Lateranense |
1657 |
Piazza S. Giovanni |
4 |
| Lavori in Palazzo Giustiniani (Sala delle Colonne) |
1656-1659 |
Piazza della Rotonda |
- |
| Rifacimento S. Giovanni in Oleo |
1658 |
Porta Latina |
8 |
| Biblioteca Alessandrina |
1659-1661 |
presso S. Ivo alla Sapienza vicino a Piazza S. Eustachio |
6 |
| Sistemazione della facciata del convento dei Trinitari |
1660-1665 |
Via XX settembre |
3 |
| Cappella Falconieri |
1664-1667 |
S. Giovanni dei Fiorentini |
9 |
| Definitivo prospetto della chiesa S. Carlo Borromeo alle Quattro Fontane |
1665-67 |
Via XX settembre |
3 |
Avviato al mestiere di scalpellino dal padre Giovanni Domenico Castelli, un modesto architetto che lavorava per i Visconti, Francesco Castelli (che solo a 28 anni mutò il suo cognome in quello di Borromini), ancor giovanissimo (1608 circa) fu mandato a Milano, e qui rimase fino al 1614 (secondo altre fonti fino al 1624) quando lasciò la metropoli lombarda per venire a Roma. Qui fu accolto benevolmente da Carlo Maderno, suo compaesano e parente dal lato materno, e impiegato da lui nei
lavori per la fabbrica di S. Pietro (iter 9) con l'umile mansione di intagliatore di marmo , tanto che solo nel 1625 il suo nome appare preceduto dal titolo di maestro. Morto il Maderno (1629),
B. continuò a lavorare in S. Pietro
sotto la direzione del Bernini, specialmente alla
realizzazione tecnica del baldacchino , riproducendo e sviluppando in scala maggiore i disegni dello scultore. Già allora tra i due artisti cominciarono i dissapori; il dissidio divenne più acuto durante i
lavori per la costruzione del Palazzo Barberini alle Quattro Fontane (iter 3) , progettato dal Maderno ma eseguito integralmente, dopo la morte del progettista, sotto la direzione di Bernini con la collaborazione tecnica di Borromini. Né si trattava di una rivalità occasionale: l'indole, la cultura, la stessa visione del mondo, erano, nei due grandi artisti, profondamente diverse: diversa la loro stessa perizia tecnica, del tutto impari alla genialità dell'ideazione nel Bernini, eccezionalmente sicura e profonda nel Borromini. Una originalissima visione architettonica, già matura e singolarmente coerente anche nel ricorso ad audaci espedienti costruttivi,
B. rivelò sin dal primo lavoro che gli venne affidato in proprio nel 1634, e cioè nella
ricostruzione del convento dei Trinitari con la chiesa di S. Carlo Borromeo alle Quattro Fontane (iter 3); convento e chiesa furono compiuti nel 1635, mentre l'interno della chiesa non sarà condotta a termine che quattro anni più tardi; la facciata del convento (1660-65) e il prospetto della chiesa (1665-67) saranno addirittura le ultime opere del maestro. Adottando nella pianta della chiesa la forma dell'ellissi e allineando l'ingresso e l'altare maggiore sull'asse principale,
B. compresse lo spazio interno entro la linea sinuosa delle mura perimetrali, rese ancora più mosse dall'impiego di colonne alveolate e di nicchie; dallo spazio così concluso sembra sprigionare una forza che si comunica agli elementi sovrastanti, fino alla sommità della cupola conclusa dal lanternino. Ad analoghi criteri stilistici è ispirato il
convento dei Filippini , iniziato nel 1637, contemporaneamente alla
galleria prospettica a colonne di Palazzo Spada (iter 7) e all'ampliamento di Palazzo Falconieri. L'insofferenza dell'artista per la regolarità classica trova piena conferma nella facciata dell'oratorio dei Filippini, in cui il motivo architettonicamente dominante è dato dalla contrapposizione di rientranze e di sporgenze curvilinee e dal ritmo mosso e spezzato dei timpani e delle cornici. Con la morte di Urbano VIII e l'avvento al trono pontificio di Innocenzo X (1644-55), la fortuna di Bernini subì una improvvisa eclissi e
B. passò al primo posto tra gli architetti operanti a Roma. È questo il periodo di più intensa attività: sono di questi anni, tra l'altro, il compimento della
chiesa di S. Ivo alla Sapienza, iniziata nel 1642, e il
restauro di S. Giovanni in Laterano (iter 4) , condotto rapidamente a termine tra il 1647 e il 1649. A S. Ivo il
B. realizzò la sua opera più audace e rigorosa; inserita nel cortile del Palazzo della Sapienza, costruito da Giacomo della Porta, la facciata della chiesa nel suo ordine inferiore pare volersi uniformare alle linee semplici e severe del preesistente edificio, per innalzarsi poi con uno scatto nervoso di tutte le membrature in un attico concavo a stella, alleggerito da quattro vani traforati, sul quale si eleva l'agile lanterna a spirale, simile a una fiamma lampeggiante nell'atmosfera; la stessa pianta, in forma di esagono irregolare con nicchie semicircolari o a triangolo arrotondato al vertice, sembra riecheggiare in modo stilizzato la forma di un'ape, emblema araldico dei Barberini: ulteriore, estrosa testimonianza della libertà fantastica e della spregiudicatezza d'invenzione di
B. Questi, nel 1653, assunse la
direzione dei lavori per la chiesa di S. Agnese in Piazza Navona (iter 6), già iniziati da Girolamo e Carlo Rainaldi ma alla direzione dell'opera rimase preposto fino al 1657 quando, dopo la morte di Innocenzo X, ripresero il sopravvento le correnti contrarie al
B. Per quanto già iniziata dai Rainaldi, la facciata di S. Agnese riassume i temi fondamentali dell'architettura borrominiana per l'andamento concavo impressole dal maestro con l'intento di inserire la chiesa nell'andamento ellittico della piazza, secondo il principio dell'ambientazione dell'edificio nello spazio circostante proprio di tutta l'arte barocca. Con altrettanta genialità inventiva, che si direbbe stimolata da talune forme architettoniche indiane o estremo-orientali,
B. concepì
l'abside e il campanile di S. Andrea delle Fratte , concluso, sopra la cella campanaria, da un grande vaso ad anse che poggia su un basamento di cariatidi e fiaccole. Tra le ultime opere sono il Collegio di Propaganda Fide, iniziato nel 1652 ma terminato solo nel '66, e il prospetto della chiesa di S. Carlo alle Quattro Fontane; questo, nello spigliato snodarsi degli elementi curvilinei sottolineati da cornici aggettanti a forte rilievo, fa preciso riscontro alla concezione dell'interno; in tal modo l'ultima opera del vecchio maestro, riallacciandosi alla prima, si configura come una sorta di esasperata sintesi dei temi stilistici e ornamentali cui
B. era rimasto fedele per tutta la vita. Benché giudicata a lungo come estrema aberrazione dello stile e della tecnica, I'architettura borrominiana trova la sua piena giustificazione storica nell'ambito più ampio della cultura figurativa barocca e delle sue interne contraddizioni. A fondamento dell'arte borrominiana, cosi tormentata e drammatica nella contrazione dello spazio costruttivo e nella tensione nervosa degli elementi ornamentali, c'erano i medesimi ideali morali e religiosi che avevano sollecitato il Caravaggio a un profondo rinnovamento della concezione stessa dell'arte. In qualche modo i due maestri risentono, sia pure indirettamente, della crisi religiosa aperta dalla Riforma e riflettono quindi l'ansia di una spiritualità che vuole sprigionarsi ed esprimersi dalla materia, senza alcuna mediazione intellettualistica. La restaurazione classica operata, sia pure nell'ambito della cultura seicentesca, da Bernini rifletteva invece gli ideali della Chiesa Cattolica trionfante con la Controriforma e indotta quindi dalla sua stessa universalità a rimettere nell'antico valore l'intellettualismo del Rinascimento. Il profondo contrasto che divise il
B. dal Bernini, come già si è avvertito, non può essere quindi commisurato a un episodio di semplice rivalità professionale o di incomprensione reciproca; si trattava di due mentalità inconciliabili, necessariamente portate dalla loro stessa grandezza a interpretare in modo diverso la spiritualità del tempo in cui erano chiamate a operare: classicamente universale Bernini, pieno di impeti, di contraddizioni, di una religiosità tormentata Borromini. E come la sua arte, inquieta e ansiosa fu la vita del maestro, drammatica la sua morte; gravemente ammalato, in un accesso di furore provocatogli dall'insonnia, si colpì con la spada; morì il giorno seguente, pentito del suo gesto, e - secondo il suo desiderio - venne sepolto accanto al Maderno.