| TITOLO |
ANNI |
LUOGO |
ITER |
| Fontana del Tritone - marmo |
1612-1613 |
Piazza Barberini |
3 |
| Testa del vescovo Santoni |
1614-1616 |
Chiesa di S. Prassede |
- |
| Capra Amaltea con Jupiter e fauno -marmo |
1615 |
Galleria Borghese |
7 |
| Enea, Anchise e Ascanio - marmo |
1616-1624 |
Galleria Borghese |
7 |
| David - marmo |
1619-24 |
Galleria Borghese |
7 |
| Busto card. Montoya |
1620-1622 |
Chiesa di S. Maria in Monserrato (vicino a Piazza Farnese) |
5 |
| Busto Gregorio XV |
1620-1622 |
Galleria Doria Pamphili |
1 e 7 |
| Ratto di Proserpina - marmo |
1620-1621 |
Galleria Borghese |
7 |
| Busto Roberto Bellarmino |
1620-1624 |
Chiesa del Gesù (vicino a Largo Torre Argentina) |
5 |
| Apollo e Dafne - marmo |
1621-1625 |
Galleria Borghese |
7 |
| Plutone e Proserpina - marmo |
1621-1622 |
Galleria Borghese |
7 |
| Paolo V |
1621 circa |
Galleria Borghese |
7 |
| Baldacchino di San Pietro |
1624-1633 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| Sistemazione della fontana della Barcaccia |
1625 |
Piazza di Spagna |
7 |
| David con la testa di Golia - dipinto |
1625c |
Galleria Nazionale di arte Antica – Palazzo Barberini |
3 |
| Palazzo Barberini (iniziato da Maderno) |
1625-1644 |
Via Barberini |
3 |
| Santa Bibiana - marmo |
1626 |
Santa Bibiana |
- |
| Monumento sepolcrale di Urbano VIII - bronzo |
1628-1644 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| statua di S. Longino |
1629-1638 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| ritratto di Urbano VIII - dipinto |
1630 circa |
Galleria Nazionale di arte Antica - Palazzo Barberini |
3 |
| Cardinale Scipione Borghese - marmo |
1632 |
Galleria Borghese |
7 |
| Autoritratto -dipinto |
1635 circa |
Galleria Borghese |
7 |
| La verità svelata dal tempo - marmo |
1644-1652 |
Galleria Borghese |
7 |
| Fontanella delle Api |
1644 |
Piazza Barberini |
3 |
| L'estasi di Santa Teresa - marmo e bronzo |
1647 |
Santa Maria della Vittoria, Cappella Cornaro |
- |
| Decorazione navate laterali di S. Pietro |
1647-1652 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| Restauro di Porta del Popolo |
1655 |
Piazza del Popolo |
7 |
| Statue per la Cappella Chigi - S.M.del Popolo |
1658 |
Piazza del Popolo |
7 |
| chiesa di S. Andrea al Quirinale |
1658 |
Via XX settembre |
3 |
| La Beata Ludovica Albertoni - marmo |
1674 |
San Francesco a Ripa |
- |
| autoritratti della Galleria Borghese |
1655 |
Galleria Borghese |
7 |
| ritratto di Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio |
1666 circa |
Galleria Nazionale di arte Antica – Palazzo Barberini |
3 |
| chiesa di S. Maria della Vittoria - Cappella Cornaro |
1644-1651 |
Via XX° Settembre 17 |
- |
| Fontana dei Fiumi - marmo |
1647-1651 |
Piazza Navona |
6 |
| Innocenzo X - marmo |
1648-1650 |
Galleria Doria Pamphili |
1 e 7 |
| Colonnato di San Pietro |
1655-1667 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| Cattedra di San Pietro |
1657-1667 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| Angelo reggicartiglio - marmo |
1667-1669 |
Ponte Sant'Angelo |
9 |
| Direzione decorazione di ponte S. Angelo |
1667-1669 |
Ponte Sant'Angelo |
9 |
| Palazzo Montecitorio, principi Ludovisi (terminato da C. Fontana) |
1650-1655 |
Piazza Montecitorio |
7 |
| Tribuna absidale di S. Maria Maggiore (terminata da Rainaldi) |
- |
S. Maria Maggiore |
3 |
| restauro del palazzo di Propaganda Fide |
- |
Piazza di Spagna |
7 |
| busto di Gabriele Fonseca |
1663 |
Chiesa S.Lorenzo in Lucina (vicino Via del Corso) |
7 |
| Elefante reggiobelisco della Minerva (con Ercole Ferrata) |
1666-1667 |
Piazza della Minerva |
6 |
| Palazzi Vaticani e scala Regia |
1664-1667 |
Citta del Vaticano |
9 |
| monumento ad Alessandro VII a S. Pietro |
1671-1678 |
Basilica di San Pietro in Vaticano |
9 |
| Il Battista |
- |
Sant'Andrea della Valle |
5 |
| Cappella Silva |
- |
Chiesa di S. Isidoro |
- |
| Nettuno |
- |
Galleria Borghese |
7 |
| Bozzetto per il Monumento Equestre a Luigi XIV |
- |
Galleria Borghese |
7 |
| Due busti di papa Urbano VIII |
- |
Galleria Nazionale di arte Antica – Palazzo Barberini |
3 |
| Busto Antonio Barberini |
- |
Galleria Nazionale di arte Antica – Palazzo Barberini |
3 |
| Busto Clemente X Altieri |
- |
Galleria Nazionale di arte Antica – Palazzo Barberini |
3 |
| Busto di Papa Urbano VII |
- |
Palazzo Spada |
5 |
| Urbano VIII benedicente |
- |
Palazzo dei conservatori |
1 |
| Testa della statua commemorativa di Carlo Barberini |
- |
Palazzo dei conservatori |
1 |
| Testa di Medusa |
- |
Palazzo dei conservatori |
1 |
Bernini, Pietro
Formatosi a Roma nella cerchia del cavalier d'Arpino, collaborò
con A. Tempesta alla decorazione pittorica di Palazzo Farnese
a Caprarola. Trasferitosi a Napoli (1589 circa) si dedicò
alla scultura, indottovi anche dalla pratica acquistata nel restauro
di statue classiche; sono di questo periodo la fontana della Immacolatella,
le statue per la cappella Ruffo ai Gerolamini e i lavori per la
Certosa di S. Martino (Purità; Madonna col Bambino e S.
Giovanni), opere tutte ispirate a una raffinata interpretazione
dell'antico venata di arcaismo. Dopo il suo ritorno a Roma (1605),
si dedicò per conto di Paolo V ai rilievi delle tombe dei
papi in S. Maria Maggiore e alla preparazione di una grande pala
in marmo (Assunzione di Maria), opera questa prossima nel gusto
alla pittura manieristica del tempo. Nelle sculture più
tarde (Battista, chiesa di S. Andrea della Valle a Roma (iter
6); Annunciazione, Bordeaux) non fu insensibile alla visione innovatrice
del figlio Gian Lorenzo, tanto che alcuni critici ritengono che
il gruppo di Enea ed Anchise (v. Bernini, Gian Lorenzo) sia opera
di collaborazione tra i due artisti. Secondo il Baglione, a lui
e non a Gian Lorenzo spetterebbe l'ideazione della fontana della
Barcaccia in Piazza di Spagna a Roma.
-
Bernini Gian Lorenzo
Ha solo otto anni quando il padre Pietro Bernini, da Napoli dov’è
nato, lo conduce con sé a Roma.
Più che l'insegnamento paterno, alla sua formazione contribuirono
lo studio appassionato delle opere dei Carracci, nelle quali –
come egli stesso confessò – trovava riassunte le
migliori qualità dei grandi del rinascimento, da Raffaello
a Michelangelo, e in misura ancora maggiore l'attenta e amorosa
osservazione delle statue antiche raccolte nei giardini vaticani.
Eppure il classicismo carraccesco, per quanto illuminante, non
valse a soffocare nel giovanissimo scultore una ispirazione del
tutto originale e rivoluzionaria, sicché le sue prime opere
(testa del vescovo Santoni; S. Sebastiano;
S. Lorenzo), eseguite tra il 1614 e il 1616, pur
nella approssimazione della fattura, fanno già prevedere
quasi tutte le novità della visione scultoria berniniana.
Furono proprio queste opere ad attirare sul Bernini. l'attenzione
del cardinale Scipione Borghese,
che gli commise i quattro gruppi statuari ora nella Galleria Borghese,
che il giovanissimo scultore venne eseguendo tra il 1616 e il
1624. Il gruppo di Enea, Anchise
e Ascanio, nonostante la spinta verticalità
e l'animazione suggerita dai gesti contrapposti delle tre figure,
rivela ancora l'influenza di Pietro Bernini sul figlio, tanto
che alcuni storici moderni lo ritengono dovuto alla collaborazione
dei due artisti. Negli altri tre invece (David,1619;
Ratto di Proserpina, 1620-21; Apollo e Dafne, 1621-22)
è integralmente attuato il modulo espressivo proprio di
tutta la scultura barocca; in essi infatti il movimento a spirale
favorisce il legame tra l'ambiente e le figure, osservabili da
un solo punto di vista e quindi profondamente rivoluzionarie rispetto
alla concezione che della statua aveva avuto il classicismo rinascimentale;
ma una novità ancora più profonda sta nella insuperata
maestria del modellato pieno di sfumature pittoriche e nella intensa
espressione psicologica dei volti, condotta fino al punto di rasentare
il rischio di una illusione realistica. Così, nell'arte
del B. si manifestavano all'improvviso la passione del Seicento
per la realtà della natura e dei sentimenti, l'esigenza
di scavare nei segreti più riposti dell'animo umano e,
insieme e senza contraddizione, l'abbandono agli estri di una
fantasia morbidamente sensuale. Questa eccezionale capacità
psicologica spiega la concretezza realistica e la penetrazione
dei busti eseguiti dal maestro tra il 1620 e il 1622 (card.
Montoya; card. Roberto Bellarmino; Gregorio XV),
altissimo preludio ai capolavori dell'età matura (busti
di Costanza Buonarelli, 1632, del card. Scipione Borghese, 1632,
di Urbano VIII, 1640, e di Innocenzo X, 1648-50)
e della vecchiaia (ritratti di Francesco
I d'Este, 1651 e di Luigi XIV, 1655), i quali
ultimi, concepiti secondo la "maniera grande" cui l'artista
improntò ogni sua opera dopo il 1650, sembrano assurgere
a simbolo del concetto seicentesco della sovranita. Si è
già osservato come il Bernini, nei gruppi commessigli dal
card. Borghese, avesse ridato vita e calore alla scultura immettendo
in essa i valori cromatici e tonali propri della pittura; non
per nulla, durante il pontificato di Urbano VIII (1623-44) e poi
occasionalmente fino al 1655 circa, egli svolse anche una intensa
attività di pittore, eseguendo circa 150 opere in gran
parte andate perdute. Nella decina o poco più che si sono
conservate, per maggior validità di esecuzione e finezza
psicologica, prevalgono i ritratti (Urbano
VIII, 1625; autoritrattidegli Uffizi (1640 circa)
e della Galleria Borghese, (1655),
nei quali è possibile notare come all'originario influsso
del Van Dyck, vissuto a Roma nel
1622-23, si venne sostituendo un sostanziale accostamento
alla pittura del Velàzquez,
incontrato a Roma nel 1629. Del resto, a fondamento
dell'ispirazione berniniana c'è la tendenza, propria di
tutto il barocco, a superare nell'atto creativo ogni distinzione
tra le tre arti, così rigorosamente tenute separate dal
razionalismo rinascimentale. Non per nulla il B. addestrava quotidianamente
la sua fantasia con una intensa attività di scenografo
e organizzando spettacoli teatrali, per i quali dettava talora
il testo, come ci ha confermato il reperimento di una sua commedia.
Questo gusto per il pittoresco e per lo scenografico, questa fusione
tra elementi architettonici e valori plastici dominano nel baldacchino
di S. Pietro, opera insieme di architetto e di
scultore, elevata nel giro di nove anni (1624-33) a riempire il
gran vuoto all'incrocio delle navate bramantesche sotto l'altissima
cupola di Michelangelo; in esso il motivo classico delle colonne
tortili è rinnovato con impetuoso movimento ascensionale
fino al sontuoso coronamento di bronzo brulicante di angeli. Il
baldacchino, vero manifesto dell'architettura barocca, si stacca
di colpo dalla sobrietà formale dei lavori (rifacimento
di S. Bibiana; restauro del palazzo di Propaganda Fide; sistemazione
della fontana della Barcaccia) con cui il B. aveva dato inizio
(1625) alla sua attività di architetto. Ad esso tennero
dietro il proseguimento della fabbrica del palazzo Barberini,
iniziata dal Maderno e debitrice al B . dell'audace invenzione
prospettica dei finestroni a strombo, la
fontana delle Api e la fontana del Tritone, entrambe
costruite nei pressi del palazzo, nelle quali venne ulteriormente
precisata la ricerca berniniana di forme mosse impostate su ritmi
di linee curve. Agli anni del pontificato di Urbano VIII, cui
B. fu sempre carissimo, appartengono due altri capolavori: la
statua di S. Longino (1629-38)
e il monumento sepolcrale del pontefice, iniziato nel 1642. Nel
S. Longino, cosi barocco nella unicità del punto di vista
potenziata dall'effetto di scorcio delle braccia spalancate, B.
concretò il suo ideale di una forma liberamente espansa
nello spazio; la tomba, solenne, fastosa e intensamente pittorica
nel movimento delle masse plastiche, per il suo carattere di grandiosa
allegoria funeraria costituì invece il modello dei monumenti
sepolcrali barocchi. Ma la prima fase della vita e dell'attività
del B. era ormai conclusa: quando nel 1644 Innocenzo X Pamphilj
successe a Urbano VIII, B. cadde in disgrazia e a lui venne preferito
il Borromini. Costretto a vita privata, il maestro ideò
allora l'allegoria della Verità scoperta dal Tempo, di
cui fu scolpita (1644) soltanto la figura della Verità,
un gigantesco nudo femminile, fiorente e formoso tanto da far
pensare alla sensuale vitalità delle donne dipinte dal
Rubens. Seguì la Estasi di
S. Teresa (1647), destinata a ornare la Cappella
Cornaro, uno stupefacente composto (il termine è berniniano)
delle tre arti realizzato (1644-51) dal B. nella chiesa di S.
Maria della Vittoria. Il gruppo è forse l'opera più
intensamente poetica dell'artista; l'immagine della santa, raffigurata
al culmine del rapimento mistico mentre un angelo vibra verso
di lei una freccia, è tutta avvolta da una calda, voluttuosa
luminosità che sublima la naturale sensualità della
fantasia berniniana nell'intuizione lirica di una irripetibile
esperienza religiosa. Subito dopo la fortuna del Bernini riprese
a salire con la fontana dei Fiumi
in Piazza Navona (1647-51), forse il punto più
alto raggiunto dall'arte barocca per la fusione dell'elemento
plastico e paesaggistico e per il pittoresco legarsi della slanciata
freccia dell'obelisco con le mosse sculture nel sonoro crosciare
dell'acqua. Nel frattempo Innocenzo X affidava al maestro il compito
di decorare le navate laterali di S. Pietro e i principi Ludovisi
gli commettevano la costruzione del palazzo di Montecitorio; di
quest'ultimo però il maestro condusse a termine solo la
zona inferiore del prospetto, giacché la fabbrica venne
completata più tardi da Carlo Fontana. Sotto il pontificato
di Alessandro VII Chigi (1655-67) il B., dopo aver diretto il
restauro della Porta del Popolo, si accinse alla sua opera più
celebrata: il colonnato di S. Pietro. Al momento di progettare
questo straordinario esempio di un'architettura aperta ai più
larghi effetti di luce e di atmosfera, il maestro si pose il fine
di correggere i difetti di proporzione della facciata del Maderno,
troppo larga e piatta, e di restituire tutta la sua imponenza
alla visione della cupola michelangiolesca; per conseguire questo
scopo egli chiuse l'amplissima piazza in due ali elittiche di
colonne doriche ordinate in quadruplice fila e collegate alla
facciata da un sagrato trapezoidale, sicché tutte le masse
architettoniche e lo stesso immenso spazio che esse delimitano
sembrano dinamicamente dilatarsi a mano a mano che si procede
verso la basilica. Un altro problema, quello della decorazione
dell'interno dell'abside, era stato posto dalla struttura longitudinale
assunta dalla basilica per effetto dei lavori compiutivi dal Bramante;
B. risolse anche quello elevando il trionfo della Cattedra di
S. Pietro, mastodontica macchina di bronzo dorato destinata per
volere di Alessandro VII a simboleggiare con una magnificenza
inusitata la universalità e l'unità della Chiesa
Cattolica. Anni dunque, questi, di operosità fervidissima
e multiforme che videro B. impegnato in molteplici opere di scultura
e di architettura; furono così scolpite le statue
per la Cappella Chigi in S. Maria del Popolo e la Maddalenae il
S. Girolamo del Duomo di Siena, proprio mentre
l'artista realizzava la chiesa di S.
Andrea al Quirinale (1658), a pianta elittica
sviluppata in larghezza rispetto all'accesso secondo uno schema
borrominiano, elevava la chiesa di Castel Gandolfo, a croce greca,
e costruiva (1664-66) la Scala Regia, dove gli stessi vincoli
imposti dalla ristrettezza dello spazio suggerirono a B. l'adozione
di illusivi artifici prospettici. Nel 1655, al colmo della sua
fortuna, B. fu invitato da Luigi XIV a preparare un progetto per
la facciata del Louvre e a tale scopo si recò (1665) a
Parigi, ma nessuno dei tre progetti da lui predisposti venne accettato
forse perché la concezione a cui essi si ispiravano contraddiceva
con il severo classicismo dell'architettura francese. Per Luigi
XIV B. poté invece eseguire, oltre al busto cui si è
già fatto cenno, un grande monumento equestre che ora,
in parte rimaneggiato, si trova a Versailles. Dopo cinque mesi,
l'artista tornò a Roma, amareggiato per la ripulsa subita,
ma pronto a riprendere la sua multiforme attività. Appartengono
a quest'ultima fase della vita del B. la chiesa della Collegiata
dell'Ariccia, la statua equestre di Costantino, ideata con teatrale
magniloquenza ma non priva di una sua grandiosità e il
busto di Gabriele Fonseca, spietata immagine di un vecchio già
colto dal marasma senile. In altri casi il vecchio artista si
limitò a predisporre i progetti lasciando ai suoi aiuti
il compito di realizzare concretamente l'opera; così avvenne
per l'elefante reggiobelisco di Piazza della Minerva, per la decorazione
di ponte S. Angelo, voluta da papa Clemente IX e in parte autografa,
e per il monumento ad Alessandro VII a S. Pietro, barocca complicazione
dello schema della tomba di Urbano VIII. Nel 1673 al Bernini,
già intento alla trasformazione della tribuna absidale
di S. Maria Maggiore poi condotta a termine da Carlo Rainaldi,
morì la moglie Costanza. Due anni dopo, l'immagine della
Beata Ludovica Alberoni, raffigurata nel momento
del trapasso mentre, con la gola scoperta lievemente palpitante,
protende il volto cereo verso la luce, suggellava la lunga operosità
del maestro con una trepida e religiosa contemplazione della morte.
G.L.Bernini muore a Roma nel 1680.