Categoria: Artisti
Nome: Beato Angelico
 
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Entrato a venti anni nell'ordine domenicano e ordinato sacerdote nel convento di S. Domenico a Fiesole, dopo un soggiorno a Foligno e a Cortona, tornò nuovamente a Fiesole; dal 1435 al 1443 decorò a fresco il chiostro e le celle del convento di S. Marco a Firenze; nel 1445 era a Roma, impegnato nella decorazione di una cappella andata distrutta nel 16° sec .; nel 1447 iniziò gli affreschi della cappella di S. Brizio nel duomo di Orvieto; tornato a Roma, affrescò (1448) le storie dei santi Serafino e Lorenzo nella cappella del Vaticano che, dal nome del committente Niccolò V, fu detta niccolina (iter 9) ; dopo tre anni di permanenza (1449-1452) a Fiesole, priore di quel convento domenicano, tornò a Roma, dove morì. In una epoca in cui il misticismo medievale si avviava a cedere di fronte ad una concezione naturalistica e laica della vita e dell'arte, l' A. vide nella pittura un'arma al servizio di Dio e dell'Ordine Domenicano; per lui, convinto tomista, a fondamento dell'arte non poteva porsi la sola capacità di conoscere il vero naturale e di creare opere belle sulla base di precise conoscenze scientifiche; egli poteva sì accettare le idee umanistiche di una organizzazione geometrica dello spazio, ma solo in quanto nelle ricerche prospettive dei contemporanei riconosceva un mezzo idoneo per esprimere il suo messaggio di glorificatore di Dio. Da queste premesse non si deve però dedurre che la sua pittura sia il prodotto di un ingenuo, e sia pure ispiratissimo, primitivismo; alla sua formazione avevano certo contribuito le esperienze tardo-gotiche di Lorenzo Monaco e di Gentile da Fabriano nonché l'influsso della scuola di miniatori fiorente nel convento di S. Maria degli Angeli; ma i contatti con i grandi innovatori dell'architettura e della scultura rinascimentale, dal Ghiberti a Brunelleschi a Donatello, l'eleganza raffinata della pittura di Masolino e le nuove esigenze di ordine e di costruttività imposte da Masaccio: tutta la profonda rivoluzione insomma compiutasi nell'arte fiorentina nei primi del Quattrocento venne dall' A. passato al filtro di una fervida religiosità che seppe trovare nello splendore dei colori inondati di luce il mezzo per esprimersi con candida eppur espertissima efficacia. Nei piccoli tabernacoli del museo di S. Marco, e particolarmente nella Madonna della Stella , l'arte dell' A. appare già pienamente formata nella sua cristallina purezza di concezione e nel vivido splendore del colore; più tardi, le tavole di maggiori proporzioni - dal Tabernacolo dei Linaioli (1433) al Giudizio Universale (Firenze, S. Marco), dalla Incoronazione della Vergine (Louvre) alla Deposiione dalla Croce (S. Marco) - e il ciclo degli affreschi di S. Marco (1438-1447) si compongono in ritmi architettonicamente più regolari mentre le forme acquistano una maggiore evidenza corporea; gli affreschi della cappella niccolina, infine, rappresentano la tendenza a conseguire una più sostenuta monumentalità, anche se non raggiungono l'intensità di espressione delle opere precedenti. Altre opere: Annunciazione (Cortona); Madonna "di Annalena" (S. Marco); Armadio degli Argenti (S. Marco); Decapitazione dei SS. Cosma e Damiano (Louvre); tra gli affreschi di S. Marco: la Trasfigurazione , il Cristo deriso , il Noli me tangere e le due Annunciazioni .

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